Io sono la Via, la Verità e la Vita. Nessuno viene al Padre se non per mezzo di me
La Mistica Città di Dio, Libro settimo - Capitolo 11 - Maria d'Agreda
Si dichiara qualcosa della prudenza con la quale Maria dirigeva i nuovi fedeli
e si raccontano alcuni episodi, tra i quali quelli riguardanti i suoi interventi nella vita e nella morte di santo Stefano.
Era conseguente al mandato di madre e maestra dei discepoli, affidatole dal
Signore, che Maria santissima ricevesse luce proporzionata ad un compito così
eccelso, perché conoscesse tutte le membra del corpo mistico, alla cui direzione spirituale era tenuta, e adattasse loro i suoi insegnamenti secondo il livello, la condizione e le necessità di ciascuno.
Questo le fu concesso con la pienezza ed abbondanza che emerge da ciò che sto scrivendo.
Penetrava l'intimo di coloro che aderivano alla fede: le loro inclinazioni, il grado della grazia e delle virtù che possedevano, il valore delle azioni compiute, i loro fini e principi; non ignorava niente, se non quando l'Altissimo le celava per un po' qualche segreto, che poi le rivelava appena era conveniente.
Tale intelligenza non era sterile e nuda, ma le corrispondeva una pari partecipazione della carità del Figlio, che ella rivolgeva a tutti nella misura in cui le erano noti.
Comprendeva anche il mistero del volere superno e ripartiva con perfetta ponderazione i suoi affetti: non dava di più a chi si era guadagnato di meno, né di meno a chi meritava di essere maggiormente diletto e stimato, errore nel quale incorriamo
spesso noi ignoranti discendenti di Adamo, persino in quanto ci sembra di
operare ineccepibilmente.
La Regina dell'amore e della sapienza non alterava l'ordine della giustizia distributiva scambiando i sentimenti, perché era rischiarata dalla lucerna dell'Agnello, che la illuminava e guidava affinché ognuno avesse il dovuto.
Si relazionava sempre con sensibilità e tenerezza, senza freddezze, scarsezze o dimenticanze; però, negli effetti e nelle dimostrazioni visibili si governava con altre regole di somma saggezza, badando di evitare le singolarità e quei leggeri difetti che provocano invidie nelle comunità, nelle famiglie e in tutte le nazioni dove sono parecchi quelli che osservano e giudicano gli atti pubblici.
È una passione naturale e diffusa desiderare di essere apprezzati e benvoluti, soprattutto da chi è potente, e si potrà trovare a fatica qualcuno che non presuma di valere quanto un altro, per essere favorito in modo analogo se non superiore.
Questa malattia non risparmia i più elevati per stato e anche per qualità, come risultò evidente nel collegio apostolico, nel quale, per certi segni di distinzione che risvegliarono i sospetti, si mosse la questione sulla precedenza e sulla preminenza che fu proposta a sua Maestà'.
Al fine di prevenire tali dispute, la Vergine era attentissima nell'essere uguale con tutti nelle elargizioni che faceva a beneficio della Chiesa.
Ciò fu non solo degno di lei, ma pure assai utile, sia perché quell'atteggiamento restasse stabilito per i prelati che sarebbero stati rivestiti di autorità sia perché, nei felicissimi anni iniziali, tutti risplendevano per i miracoli e per altri doni divini, come negli ultimi secoli molti spiccano nella scienza o nella cultura.
Era opportuno far apprendere che né per quelle sublimi prerogative né per queste minori bisogna ergersi a vana superbia, o ritenere di dover essere onorati e privilegiati da Dio e dalla beatissima Signora nelle cose esteriori.
All'uomo retto
basti essere caro a Gesù ed ammesso alla sua amicizia, e a chi non lo è non
gioverà affatto un simile tipo di reputazione e prestigio.
Ella, comunque, non mancava per questo alla venerazione che spettava a ciascuno per il ministero esercitato: era un esempio per tutti in quanto era
d'obbligo e con la circospezione di cui abbiamo parlato faceva imparare la
moderazione in quanto era volontario.
Si comportò costantemente in maniera
tanto mirabile e con tanta accortezza che non dette mai occasione di lamentarsi, né alcuno ebbe una ragione, neppure apparente, per negarle riguardo e rispetto; anzi, tutti le volevano bene, la benedicevano ed erano colmi di gioia e debitori per il suo aiuto e per la sua pietà materna.
Nessuno avvertì che lo tenesse in scarsa considerazione né che gli preferisse un altro, poiché non dava motivo di fare paragoni del genere.
Così grande fu la sua discrezione e assennatezza, e così correttamente collocava le bilance della manifestazione del suo cuore sull'asse della prudenza!
Non volle neanche essere lei ad assegnare gli incarichi e le dignità, né intercedere per il loro conferimento: rimetteva tutto al parere e al
voto dei Dodici e, intanto, otteneva loro di nascosto luce e assistenza da parte dell'Eterno perché non errassero.
Era spinta a quella condotta altresì dalla sua profonda umiltà e, quindi, educava tutti ad essa, giacché erano coscienti che non era all'oscuro di nulla e non poteva sbagliare in ciò che compiva.
Ella lasciò questo raro insegnamento ai cristiani affinché non ci fosse chi presumesse della propria preparazione e avvedutezza e delle proprie qualità, principalmente in materie gravi, ma ognuno intendesse che il colpire nel segno e il riuscire bene è vincolato alla modestia e al consiglio, come l'orgoglio è unito al proprio giudizio, se non è necessario regolarsi solo su di esso.
Le era noto che l'intervenire a vantaggio di altri in cose temporali porta con sé qualche ambizioso potere, e uno maggiore ne racchiude il ricevere con piacere i ringraziamenti.
Tutto questo era estraneo alla nostra celeste Principessa, che fu un modello nell'ordinare le attività in modo tale da
non defraudare il merito né impedire la massima perfezione; però non rifiutava
la sua direzione agli apostoli, che la consultavano spesso, e faceva lo stesso con gli altri.
Tra i santi che furono così fortunati da guadagnarsi il suo affetto speciale ci fu Stefano, uno dei settantadue discepoli, che da quando cominciò ad andare dietro al suo Unigenito fu da lei guardato con predilezione, conquistando uno dei primi posti nella sua stima.
Le fu svelato subito che era stato scelto dal Salvatore per la difesa del suo nome, fino a morire per lui.
Inoltre, l'invitto giovane era di indole soave, affabile e gentile, e la grazia rendeva la sua ottima natura anche più amabile e incline ad ogni virtù.
Il suo temperamento era oltremodo gradito alla Madre, la quale, allorché trovava in qualcuno la tendenza alla benignità e alla mitezza, soleva dire che costui assomigliava più degli altri a suo Figlio; per queste caratteristiche, vissute in grado eroico, provava tanta tenerezza per lui.
Gli impartiva numerose benedizioni, esprimeva di frequente
riconoscenza al Padre per averlo creato, chiamato ed eletto ad essere primizia
dei suoi martiri, e nutriva in sé singolare benevolenza verso di lui a motivo della testimonianza che avrebbe dato con il sangue, come le era stato palesato.
Egli corrispondeva con fedelissima attenzione a quanto gli era concesso da sua Maestà e da lei, perché non soltanto era pacifico, ma anche umile, e chi è realmente tale accoglie con molta gratitudine i benefici, pure se piccoli come quelli che gli erano elargiti.
Aveva un altissimo concetto della Regina della misericordia e si sforzava di assicurarsene il favore con la sua ferventissima devozione.
La interrogava su parecchi misteri, poiché era assai dotto e pieno di saggezza e di Spirito Santo, come afferma Luca.
Ella chiariva tutte le questioni che le erano poste e lo confortava, affinché lottasse con valore per il Redentore.
Per confermarlo ancor più, lo dispose ai tormenti con queste parole:
«Stefano, voi sarete il primogenito dei martiri, che il Signore genererà con
l'esempio delle proprie sofferenze; camminerete sui suoi passi, come un seguace coraggioso su quelli del suo maestro e un soldato audace su quelli del suo capitano, e innalzerete lo stendardo della croce.
Perciò, conviene che vi armiate di fermezza con lo scudo della fede e crediate che l'Onnipotente vi soccorrerà nella battaglia».
Questo annuncio lo infiammò del desiderio del supplizio, come si desume
da quanto si riferisce di lui negli Atti, nei quali si legge che era pieno di grazia e di fortezza e che faceva prodigi e miracoli in Gerusalemme.
Egli è il primo dopo Pietro e Giovanni di cui si attesta che disputava con i giudei e li confondeva, senza che essi riuscissero a resistere alla sua sapienza ispirata.
Predicava con animo intrepido, li accusava e li riprendeva, distinguendosi in ciò per la brama di conseguire quello che la nostra sovrana gli aveva garantito.
Come se qualcuno gli avesse potuto togliere la corona, precedeva tutti nel
presentarsi davanti ai rabbini e ai dottori della legge di Mosè, e ambiva le occasioni di battersi per la gloria di Cristo, per la quale aveva
appreso di doversi donare.
Il drago infernale nella sua malvagità rivolse verso di lui il proprio furore pretendendo di fermarlo perché non giungesse a tale dimostrazione pubblica, e a questo scopo incitò i più crudeli a farlo perire nascostamente; era oppresso dalla sua eccellenza e temeva che avrebbe compiuto opere straordinarie, nella sua esistenza terrena e anche
successivamente, accreditando gli insegnamenti di Gesù.
Per l'ostilità che
costoro già avevano contro di lui, gli fu facile persuaderli ad ammazzarlo in
segreto.
Essi fecero vari tentativi, nel breve periodo che passò tra la Pentecoste e la sua uccisione, ma Maria, che era informata delle trame di satana, lo liberò da ogni insidia fino al momento opportuno per la lapidazione.
In tre circostanze, per farlo uscire da una casa nella quale volevano affogarlo, inviò un angelo, invisibile a tutti tranne che a lui, che lo scorgeva ed era cosciente di essere portato dalla Vergine.
Altre volte, ella lo avvisava per mezzo di un messaggero celeste di non recarsi in una certa strada o abitazione, perché in tal luogo lo
aspettavano per sopprimerlo; altre ancora, lo tratteneva dall'allontanarsi dal
cenacolo, essendo consapevole che gli avevano teso un agguato.
I suoi nemici alcune notti restavano lì fuori ed anche presso persone diverse, giacché nel suo zelo attendeva al sollievo di molti credenti bisognosi e non solo non aveva paura dei rischi, ma anzi ne andava in cerca.
Poiché non aveva notizia del giorno che era stato riservato per dargli la felicità del martirio e vedeva che ella continuava a preservarlo dai pericoli, si lamentava dolcemente con lei:
«Mia Signora e mio rifugio, quando verrà per me l'ora di pagare all'Eterno il debito della vita, sacrificandomi per il suo nome?».
Ella gioiva incomparabilmente per il rammarico, dovuto all'amore per il Salvatore, che quel suo servo le manifestava, e con materno affetto rispondeva:
«Figlio mio, arriverà il tempo stabilito dalla sua imperscrutabile provvidenza e non sarà defraudata la vostra speranza. Frattanto, lavorate assiduamente per la sua Chiesa, dato che di sicuro conseguirete la corona, e ringraziate di continuo colui che ve la tiene preparata».
La purezza del giovane era nobilissima ed eminente, così che i demoni non
potevano avvicinarsi a lui, se non a considerevole distanza; per questo, era
molto caro a sua Maestà e alla Regina.
I Dodici lo ordinarono diacono.
La sua virtù era già eroica e per essa meritò di essere il primo dopo la passione del Redentore a conquistare la palma.
Per evidenziare ancor più la sua santità, paleserò quello che ne ho compreso, conformemente a quanto è raccontato nel sesto capitolo degli Atti.
In città sorse un malcontento fra gli ellenisti verso gli ebrei, perché le loro vedove venivano escluse dalla distribuzione quotidiana; gli uni e gli altri erano giudei, benché i primi nativi della Grecia e i secondi della Palestina.
Si trattava della ripartizione delle elemosine per il sostentamento dei cristiani.
Questo incarico, su consiglio della Principessa, era stato assegnato a sei uomini di buona reputazione e riconosciuta onestà.
Con il crescere della comunità, però, era stato necessario che anche alcune vedove di età matura esercitassero lo
stesso ministero, assistendo in particolare le donne e gli infermi, ed esse
impiegavano per quello ciò che ricevevano; erano tutte ebree e questo sembrava
un segno di scarsa fiducia verso le greche, che subivano il torto di non essere ammesse a svolgere lo stesso compito.
Il collegio apostolico, per comporre tale controversia, convocò la
moltitudine dei discepoli.
Fu detto loro:
«Non è giusto che noi trascuriamo la parola di Dio per il mantenimento di coloro che si convertono. Scegliete tra voi sette uomini pieni di Spirito e di saggezza, ai quali affideremo questa funzione, per dedicarci alla preghiera. Farete ricorso a loro per ogni dubbio e contrasto in ordine alla dispensazione del vitto».
Furono tutti d'accordo e senza discriminazione di nazioni elessero quelli che Luca elenca; il primo era Stefano, la cui fede e la cui intelligenza erano note a tutti'. Essi soprintendevano agli altri sei e alle vedove, e non lasciavano da parte le greche, poiché non badavano alla provenienza, ma solo alle doti di ognuno.
Colui che più si adoperò per la rappacificazione fu proprio il futuro martire, che estinse subito il rancore degli ellenisti e rese condiscendenti gli ebrei, perché tutti si riconciliassero come figli
del Signore e procedessero con sincerità e carità, senza parzialità e preferenze; così difatti fecero, almeno finché egli non perì.
Non per questo si occupò meno della predicazione e delle dispute con i giudei increduli, i quali, non essendo capaci né di ucciderlo segretamente né di resistere pubblicamente alla sua sapienza, sopraffatti dal loro feroce odio trovarono falsi testimoni contro di lui.
Questi lo accusarono di aver bestemmiato contro l'Altissimo e contro Mosè, e di non cessare di esprimersi contro il tempio e contro la legge, garantendo che il Nazareno avrebbe distrutto l'uno e l'altra.
Attestando simili menzogne, riuscirono a sobillare il popolo; allora, gli
piombarono addosso e lo trascinarono davanti al sinedrio.
Il sommo sacerdote ascoltò in presenza di tutti la sua difesa, nella quale egli provò in modo sublime, appoggiandosi alla Scrittura, che il suo Maestro era il Messia promesso, e alla fine li riprese per la loro durezza e testardaggine con tanta efficacia che essi, non sapendo che cosa ribattere, si tappavano gli orecchi e digrignavano i denti contro di lui.
Maria fu informata della cattura e immediatamente, prima di tale discorso, gli inviò uno dei suoi custodi per confortarlo in vista del conflitto.
Attraverso di lui, il giovane le rispose che andava con grande letizia a confessare la fede in Cristo e con cuore intrepido a offrire per essa il proprio sangue, cosa alla quale aveva sempre aspirato, e la implorò di aiutarlo in quella occasione come madre misericordiosa.
Aggiunse che gli recava afflizione soltanto non aver potuto avere la sua benedizione per salire all'empireo con essa e che perciò la supplicava di dargliela dal suo ritiro.
Questa richiesta mosse a compassione le
sue viscere materne, oltre che il suo amore e la sua stima per lui, ed ella voleva sostenerlo personalmente.
Alla prudente Vergine si prospettavano, però, delle difficoltà, che si opponevano alla sua uscita per le strade, in un momento in cui Gerusalemme era in sommovimento, e alla possibilità di ottenere un colloquio.
Si prostrò invocando il favore divino per quel suo diletto e manifestando il desiderio di essere con lui nell'ultima ora. La clemenza di sua Maestà, che era costantemente attento alle domande della sua genitrice e sposa e intendeva inoltre rendere più preziosa la morte del suo fedele servo, le mandò innumerevoli ministri superni, perché con i suoi la portassero subito nel luogo dove stava terminando l'interrogatorio.
Ella rimase nascosta a tutti tranne che al santo, il quale la scorse davanti a sé sorretta su una nube e circonfusa di gloria.
Ciò accrebbe ulteriormente la fiamma del suo fervore e del suo zelo dell'onore del Creatore, colmandolo di giubilo; intanto, gli splendori della Regina, che gli ferivano il viso riverberando su di esso, gli conferivano meravigliosa bellezza e luminosità.
Per questo negli Atti si narra che coloro che erano in quel tribunale, guardandolo, videro il suo volto come quello di un angelo.
L'Eterno non volle celare tale effetto della vicinanza di lei, affinché fosse maggiore la confusione di quei perfidi, che non si lasciavano ricondurre alla verità che era annunciata loro neppure da un miracolo così evidente; ma essi non compresero la causa del suo mutamento, poiché non ne erano degni e non era opportuno, e quindi neanche Luca la illustra.
La Signora pronunciò parole di vita e di mirabile consolazione, gli dette larghe e dolci benedizioni e pregò per lui l'Onnipotente, perché lo riempisse di nuovo del suo Spirito.
Tutto si adempì, come appare chiaro dall'invincibile valore e saggezza con cui egli si rivolse agli astanti e dimostrò la
venuta di Gesù come redentore, trovandone testimonianze irrefragabili in tutti i testi sacri, cominciando dalla vocazione di Abramo e giungendo ai re e ai
profeti di Israele.
Appena ebbe finito di parlare, per le orazioni della Principessa e quale premio del suo ardore, il cielo si spalancò e gli apparve l'Unigenito, in piedi presso il Padre, come in atto di sorreggerlo nella battaglia.
Alzò gli occhi e affermò:
«Ecco, io contemplo i cieli aperti e il Figlio dell'uomo che sta alla destra di Dio».
I giudei, nella loro ostinata malvagità, giudicarono blasfema tale frase e si turarono gli orecchi per non udire.
Dato che la pena prevista per la bestemmia era la lapidazione, comandarono che essa fosse eseguita contro di lui.
Allora, tutti lo assalirono come lupi, per spingerlo all'esterno delle mura con impeto e tumulto.
Quando iniziarono ad attuare ciò, Maria lo benedisse e, facendogli animo, si accomiatò da lui con profonda tenerezza; ordinò a tutti i suoi custodi di stargli accanto nel martirio sino a presentarlo al cospetto di Cristo, mentre quanti erano discesi per trasportarla la scortarono al cenacolo con uno solo di quelli che l'assistevano.
Da lì, ella poté osservare tutto attraverso una visione speciale.
Trascinarono il giovane fuori della città con violenza e tra urla fortissime,
dichiarandolo empio e meritevole di essere ucciso.
Saulo era uno dei più
coinvolti e, accanito propugnatore delle antiche tradizioni, badava alle vesti di quelli che si erano spogliati per scagliare più agevolmente pietre contro il condannato. Queste, piovendogli addosso, lo sfregiavano, e alcune restavano
fisse nel suo capo, incastrate con lo smalto del sangue. La compassione della
pietosa Madre per un supplizio tanto crudele fu enorme, ma ancora più grande
fu la sua esultanza nel constatare che veniva conseguito così nobilmente.
Egli la supplicava tra le lacrime di non cessare di sostenerlo dal suo oratorio e, allorché sentì imminente la morte, disse:
«Signore Gesù, accogli il mio spirito».
Poi, inginocchiatosi, aggiunse gridando:
«Signore, non imputar loro questo peccato».
La Vergine lo accompagnò anche in quelle invocazioni, felice nel rilevare che il discepolo imitava tanto esattamente il Maestro, intercedendo per i suoi carnefici e consegnando lo spirito nelle mani del suo Creatore e riscattatore.
Stefano spirò schiacciato e sfigurato dai sassi di costoro, sempre più induriti nella loro cattiveria. Nel medesimo istante, gli inviati della nostra sovrana sollevarono quell'anima purissima fino al trono di sua Maestà, perché venisse coronata di onore perenne.
Egli la ricevette con l'espressione del suo Vangelo:
«Amico, ascendi più su, vieni a me, servo fedele: poiché sei stato tale nel poco, ti ricompenserò con abbondanza; poiché mi hai confessato davanti agli uomini, ti riconoscerò davanti al Padre mio».
Gli angeli, i patriarchi, i profeti e gli altri beati provarono una gioia straordinaria e si congratularono con lui, primizia della passione e capitano di tutti coloro che lo avrebbero seguito nel sacrificio di sé.
Fu collocato in un posto eccelso, molto vicino alla santissima umanità del Salvatore.
La Regina partecipò di quel gaudio per mezzo della visione con la quale era informata di tutto, e insieme ai ministri superni
compose numerosi cantici e inni a lode dell'Altissimo. Quelli che tornarono dall'empireo avendovi lasciato il martire la ringraziarono a nome suo per i favori che gli erano stati concessi.
Fu assassinato nove mesi più tardi del Redentore, il ventisei dicembre, data in cui è celebrato; egli proprio allora compiva trentaquattro anni. Quello era il trentaquattresimo anno dal natale del Verbo incarnato, ma già concluso, così che si era entrati nel trentacinquesimo.
Quindi, fu generato un giorno dopo l'Unigenito e visse più di lui solo nove mesi; la lapidazione ebbe luogo in corrispondenza con la sua nascita.
Le preghiere sue e della Signora guadagnarono la conversione di Saulo, come spiegheremo successivamente, e affinché questa fosse più ammirevole l'Onnipotente permise che da quel momento egli cominciasse ad impegnarsi nel perseguitare la Chiesa per distruggerla, risaltando tra tutti i giudei, sdegnati contro di essa.
I credenti raccolsero il corpo, gli dettero sepoltura e fecero lutto, avendo perso un fratello tanto sapiente e un tanto acerrimo difensore della legge di grazia.
Ho parlato diffusamente di lui perché ho inteso la sua eccellenza e perché egli era assai devoto alla Principessa e molto beneficato da lei.
Insegnamento della Regina del cielo
Carissima, i misteri divini, presentati e proposti ai sensi, fanno in essi poca impressione, quando li trovano distratti dalle realtà visibili e abituati ad esse, e quando l'intimo non è limpido e sgombro dalle tenebre della colpa.
La capacità dei mortali, infatti, già per se stessa pesante e corta per innalzarsi a quanto è elevato e celeste, se incontra impedimento nell'ambire le cose apparenti si allontana maggiormente dalla verità e, assuefatta all'oscurità, diviene cieca dinanzi alla luce.
Per questo, gli uomini terreni e animali hanno un concetto tanto basso e sproporzionato delle meraviglie dell'Eterno, e di quelle che io feci
e continuo a fare quotidianamente per loro.
Calpestano le perle e non
distinguono il cibo dei figli dall'alimentazione grossolana delle bestie.
Tutto quello che è spirituale sembra loro insipido, perché non è conforme al gusto dei piaceri sensibili.
Così, non sono in grado di comprendere ciò che è sublime e di trarre profitto dalla scienza di vita e dal pane dell'intelletto racchiuso in esso.
Dio, però, ha voluto liberarti da questo pericolo e ti ha illuminato,
migliorando e vivificando le tue facoltà affinché tu possa giudicare senza
inganno gli arcani che ti rivelo.
Sebbene io ti abbia detto molte volte che nel mondo non riuscirai mai a penetrarli e ponderarli interamente, devi e puoi stimarli in maniera retta secondo le tue forze, per essere istruita e per imitare i miei atti.
Dalla varietà delle pene e delle afflizioni delle quali venne intessuta la mia esistenza tra voi, anche dopo la discesa dalla destra di Gesù, capirai bene che pure per te sarà lo stesso, se brami di ricalcare le mie orme e di essere mia beata discepola.
Nella prudente e costante modestia con cui diressi con assoluta imparzialità gli apostoli e gli altri fedeli, ti è data una norma per discernere come
procedere nel governo delle tue suddite:
con mansuetudine, semplicità,
rispettosa severità, e soprattutto senza preferenze verso nessuna in quello che a tutte è dovuto e può essere comune.
Ciò diventa facile allorché in coloro che hanno l'autorità ci sono autentiche carità ed umiltà; infatti, se questi si lasciassero condurre da simili virtù, non sarebbero così duri nel comandare e presuntuosi nella loro opinione, né si altererebbe l'ordine della giustizia con tanto grande danno, come avviene oggi nella cristianità.
La superbia, la vanità, l'interesse, l'amor proprio e quello della carne e del sangue si sono impadroniti di quasi tutte le azioni concernenti la guida degli altri, per cui si sbaglia tutto e ogni stato è colmo di iniquità e di spaventosa confusione.
Considera il mio acceso zelo dell'ardore verso il mio santissimo unigenito e Signore e della predicazione del suo nome, la mia letizia quando in questo si compiva la sua volontà e si conseguivano i frutti della sua passione con l'estendersi della Chiesa, e i favori che concessi a Stefano poiché era il primo che sacrificava se stesso in tale impresa.
Ne trarrai numerosi motivi per lodare l'Altissimo per le sue opere, davvero degne di venerazione, come anche per emulare me e benedire la sua immensa bontà per la sapienza che mi elargì perché eseguissi tutto con pienezza di perfezione in modo da compiacerlo.